Le tattiche, #2 - Play like an Egyptian: la Piramide
Inviato: 15/03/2013, 19:03
#1: L'invenzione del passaggio
Che la parola football venga usata genericamente per individuare sport molto differenti tra di loro non è un mistero e neanche una stranezza. Per via della genesi piuttosto convulsa di quello che noi oggi chiamiamo calcio, dovessimo per un qualche miracolo scientifico trovarci a Glasgow il 30 novembre del 1872 stenteremmo a capire in quale sport si stanno sfidando i ventidue gentiluomini in camicia.
Il campo è l'Hamilton Crescent, nella zona di Partick, che in gaelico si dice Pàrtaig e che è il ponte tra Glasgow e le Highlands. Non a caso, visto che proprio il gaelico caid è l'antesignano di tutti i tipi di football, uno dei tanti scambi culturali tra Irlanda e Scozia. Il match è tra Scozia e Inghilterra, con una particolarità: è la prima sfida internazionale ufficiale della storia del calcio. Le due selezioni si erano già sfidate cinque volte all'Oval di Londra, un campaccio di patate che si usava principalmente per il cricket (ed è tuttora una delle strutture-simbolo di questo sport): due pareggi e tre vittorie inglesi, giacché in quegli anni i maestri non si facevano mettere i piedi in testa.
La superiorità dei giocatori inglesi era chiara a tutti. La selezione dei Tre Leoni schierava, per quella partita di novembre, una buona rappresentanza dell'Association Football di quel periodo - c'era, ad esempio, Charles Clegg che in febbraio aveva sancito la vittoria sugli scozzesi con un gol, ma mancavano le due stelle principali, quel Charles Alcock che nel frattempo era diventato presidente della Football Association (e organizzatore della FA Cup) e il luogotenente colonnello Walker, impegnato com'è chiaro nell'esercito (di lì a poco sarebbe stato fondamentale nelle operazioni inglesi nell'Oceano Indiano) e conteso da diverse squadre di rugby. Anche con queste assenze, comunque, i favori del pronostico erano tutti per l'Inghilterra.
La particolarità della selezione scozzese era che, vuoi per il fatto che pochi a nord del fiume Tweed giocavano a football con le regole inglesi, vuoi per il fatto che molti giocatori semplicemente non potevano venire a Glasgow per quel giorno là, era la formazione del Queen's Park (ancora attivo: è l'unico club di dilettanti nell'ambito della Scottish League). Inferiori dunque se presi singolarmente - per capacità tecniche e soprattutto fisiche: il "dribbling", in quei tempi lontani, era più che altro uno sfondamento fisico, una battaglia in corsa di contrasto in contrasto. Ma con un unico vantaggio ipotizzabile: l'affiatamento.
Già, il dribbling. Il calcio, nel 1872, era uno sport di squadra solo perché erano in molti a scendere in campo. Per tutto il resto si poteva ben considerare uno sport individuale: arrivava la palla tra i piedi di uno degli otto attaccanti, quello correva nella generica direzione della porta, se la palla rimbalzava verso un compagno dopo un contrasto bene, altrimenti gambe in spalla che c'era da contrastare uno degli otto attaccanti avversari. Sembra familiare? Be', è Holly e Benji senza le rovesciate da monaci shaolin.
La "formazione" classica, che per comodità potremmo chiamare "long live the vicar", era per l'appunto un bellissimo 1-1-8. Davanti al portiere semi-fisso (grande novità di quegli anni) un difensore e un "centrocampista" (termine anacronistico a tutti gli effetti), poi otto attaccanti. Il vantaggio consisteva nell'applicazione regola del fuorigioco, che richiedeva tre giocatori tra l'attaccante e la linea di fondo avversaria nel momento della ricezione del pallone (si passerà al "momento di partenza del pallone" un anno dopo).
Di fatto, anche se da cinque anni era permesso il passaggio in avanti, l'idea che il pallone viaggiasse lontano dagli scarpini di un calciatore era considerata non solo eretica, ma pure un po' da froci (sul serio: il dribbling fisico di cui sopra era, secondo gli inglesi, l'unico modo virile di giocare al pallone).
Ma alla Scozia di passare per culattoni importava relativamente: toccava portare a casa la pellaccia. Allora Robert Gardner - portiere, capitano, allenatore e selezionatore degli scozzesi - decide di schierare la squadra in campo in modo lievemente diverso, con un 2-2-6 per l'epoca assolutamente catenacciaro. L'idea è che i giocatori formassero delle coppie - i due difensori, i due half-back, e tre coppie di attaccanti - che si aiutassero a vicenda nelle azioni offensive.
L'innovazione non basta per trovare la prima vittoria contro l'Inghilterra, ma per strappare un sudato 0-0 sì. E nei mesi immediatamente successivi proprio il Queen's Park porta nella FA Cup (semifinale, contro i Wanderers, anche qui uno 0-0) quello che è forse il primo esempio documentato di "combination game", ossia: dribblate e placcatevi, ma se il compagno a cui siete accoppiati è libero spostate la palla nella sua direzione.
Lo stile scozzese era però piuttosto statico: la palla la si riceveva da fermi, per poi scattare verso la porta. Saranno i club inglesi ad evolvere l'idea di passaggio: a cominciare da Cambridge, una manciata di anni dopo.
Nella prossima puntata: play like an Egyptian (la Piramide, il cross e lo stile inglese).
Che la parola football venga usata genericamente per individuare sport molto differenti tra di loro non è un mistero e neanche una stranezza. Per via della genesi piuttosto convulsa di quello che noi oggi chiamiamo calcio, dovessimo per un qualche miracolo scientifico trovarci a Glasgow il 30 novembre del 1872 stenteremmo a capire in quale sport si stanno sfidando i ventidue gentiluomini in camicia.
Il campo è l'Hamilton Crescent, nella zona di Partick, che in gaelico si dice Pàrtaig e che è il ponte tra Glasgow e le Highlands. Non a caso, visto che proprio il gaelico caid è l'antesignano di tutti i tipi di football, uno dei tanti scambi culturali tra Irlanda e Scozia. Il match è tra Scozia e Inghilterra, con una particolarità: è la prima sfida internazionale ufficiale della storia del calcio. Le due selezioni si erano già sfidate cinque volte all'Oval di Londra, un campaccio di patate che si usava principalmente per il cricket (ed è tuttora una delle strutture-simbolo di questo sport): due pareggi e tre vittorie inglesi, giacché in quegli anni i maestri non si facevano mettere i piedi in testa.
La superiorità dei giocatori inglesi era chiara a tutti. La selezione dei Tre Leoni schierava, per quella partita di novembre, una buona rappresentanza dell'Association Football di quel periodo - c'era, ad esempio, Charles Clegg che in febbraio aveva sancito la vittoria sugli scozzesi con un gol, ma mancavano le due stelle principali, quel Charles Alcock che nel frattempo era diventato presidente della Football Association (e organizzatore della FA Cup) e il luogotenente colonnello Walker, impegnato com'è chiaro nell'esercito (di lì a poco sarebbe stato fondamentale nelle operazioni inglesi nell'Oceano Indiano) e conteso da diverse squadre di rugby. Anche con queste assenze, comunque, i favori del pronostico erano tutti per l'Inghilterra.
La particolarità della selezione scozzese era che, vuoi per il fatto che pochi a nord del fiume Tweed giocavano a football con le regole inglesi, vuoi per il fatto che molti giocatori semplicemente non potevano venire a Glasgow per quel giorno là, era la formazione del Queen's Park (ancora attivo: è l'unico club di dilettanti nell'ambito della Scottish League). Inferiori dunque se presi singolarmente - per capacità tecniche e soprattutto fisiche: il "dribbling", in quei tempi lontani, era più che altro uno sfondamento fisico, una battaglia in corsa di contrasto in contrasto. Ma con un unico vantaggio ipotizzabile: l'affiatamento.
Già, il dribbling. Il calcio, nel 1872, era uno sport di squadra solo perché erano in molti a scendere in campo. Per tutto il resto si poteva ben considerare uno sport individuale: arrivava la palla tra i piedi di uno degli otto attaccanti, quello correva nella generica direzione della porta, se la palla rimbalzava verso un compagno dopo un contrasto bene, altrimenti gambe in spalla che c'era da contrastare uno degli otto attaccanti avversari. Sembra familiare? Be', è Holly e Benji senza le rovesciate da monaci shaolin.
La "formazione" classica, che per comodità potremmo chiamare "long live the vicar", era per l'appunto un bellissimo 1-1-8. Davanti al portiere semi-fisso (grande novità di quegli anni) un difensore e un "centrocampista" (termine anacronistico a tutti gli effetti), poi otto attaccanti. Il vantaggio consisteva nell'applicazione regola del fuorigioco, che richiedeva tre giocatori tra l'attaccante e la linea di fondo avversaria nel momento della ricezione del pallone (si passerà al "momento di partenza del pallone" un anno dopo).
Di fatto, anche se da cinque anni era permesso il passaggio in avanti, l'idea che il pallone viaggiasse lontano dagli scarpini di un calciatore era considerata non solo eretica, ma pure un po' da froci (sul serio: il dribbling fisico di cui sopra era, secondo gli inglesi, l'unico modo virile di giocare al pallone).
Ma alla Scozia di passare per culattoni importava relativamente: toccava portare a casa la pellaccia. Allora Robert Gardner - portiere, capitano, allenatore e selezionatore degli scozzesi - decide di schierare la squadra in campo in modo lievemente diverso, con un 2-2-6 per l'epoca assolutamente catenacciaro. L'idea è che i giocatori formassero delle coppie - i due difensori, i due half-back, e tre coppie di attaccanti - che si aiutassero a vicenda nelle azioni offensive.
L'innovazione non basta per trovare la prima vittoria contro l'Inghilterra, ma per strappare un sudato 0-0 sì. E nei mesi immediatamente successivi proprio il Queen's Park porta nella FA Cup (semifinale, contro i Wanderers, anche qui uno 0-0) quello che è forse il primo esempio documentato di "combination game", ossia: dribblate e placcatevi, ma se il compagno a cui siete accoppiati è libero spostate la palla nella sua direzione.
Lo stile scozzese era però piuttosto statico: la palla la si riceveva da fermi, per poi scattare verso la porta. Saranno i club inglesi ad evolvere l'idea di passaggio: a cominciare da Cambridge, una manciata di anni dopo.
Nella prossima puntata: play like an Egyptian (la Piramide, il cross e lo stile inglese).