Jeff Hardy 18 ha scritto:
Ma diciamo che è un film comunque molto semplice ma è nelle piccole cose secondo me che raggiunge l'apice che sò la scena del pedalò o dell'accendino sul lato comedy, la scena di quando riesce a farsi i noodles o il finale sono momenti che ti segnano.
L'ho visto parecchio tempo fa (ricordo male io o si trovava già in giro anche ben prima che venisse proiettato al Far East?), sinceramente non ricordo bene cosa non mi ha convinto del tutto, ma ricordo che l'impressione che avevo avuto era quella del "bello, ma non così bello come si sentiva dire in giro".
Se a qualcuno interessa, un paio di settimane fa ho visto l'ulimo Kitano:
OUTRAGE di Takeshi Kitano
E così, dopo la trilogia imperniata sulla crisi creativa dell’autore, in cui Kitano era parso in evidente stato di non sapere dove andare, ma aveva cercato di porre la questione a proprio vantaggio, facendone uscire un cinema sicuramente più astratto e più sperimentale, eccolo ritornare a quello che in passato spesso era stato il suo marchio di fabbrica ben riconoscibile, il classico yakuza movie.
Ma questa volta, come dichiarato da lui stesso, nulla di sottinteso, nulla di esplorativo, semplicemente un classico film di gangsters stracolmo di violenza e senza troppe pretese. Quindi gente che muore a bizzeffe, ma senza quell’elemento riflessivo che lo ha sempre accompagnato; è qui palese l’ineluttabilità della morte violenta per chi vive in questo mondo, sempre utilizzato come una sorta di burattino, utile finchè può servire allo scopo, e poi gettato via quando questa utilità è finita. Ma questa morte ti viene solo cacciata addosso, non viene esplorata, non c’è uno scavo su questo tipo di vita come era presente in passato, anche il film segue la logica usa e getta dei propri personaggi, indagando una yakuza che sembra aver perso ogni possibilità di salvezza.
Già, lo sguardo di oggi di Takeshi sulla yakuza è diverso da quello di un tempo, è più impietoso, non sta mai dalla loro parte, come invece spesso sembrava durante le sue vecchie opere, non c’è più empatia, c’è un distacco assoluto da quel mondo, ben evidenziato dal personaggio che lui stesso interpreta questa volta, da quanto la sua morte passi per inevitabile ma, francamente, inutile.
E quindi questo nuovo film di Kitano ne esce come uno sguardo (volutamente) freddo, meccanico e ripetitivo. Non avremo più i capolavori dei tempi che furono, su questo non ci piove, e soprattutto non avremo più quella poesia che lo accompagnava, qui totalmente assente. Questo è ciò che vuole mettere in scena oggi, non ha altre scelte, prendere o lasciare.
6,5