Come ho detto nel post precedente, la chiusura perfetta in quello che è il miglior episodio di tutta la saga.
Uncharted 4 è il perfetto esempio di come dovrebbe essere la naturale conclusione di un'opera: un capitolo che svela tutti i retroscena e da un'identità definita ai protagonisti che lo popolano. In questo senso, l'introduzione di Sam nel cast si rivela fondamentale, dato che è il principale artefice della formazione di Nate, da povero orfanello a rinomato cacciatore di tesori, ed è inoltre colui che sceglie la nuova identità per entrambi: da Nathan/Sam Morgan a Drake, ispirandosi alle ricerche della madre, la quale era fermamente convinta che il leggendario pirata avesse avuto eredi (cosa che, tuttavia, non verrà mai accertata, nemmeno qui).
Il rapporto con il fratello viene approfondito molto su questi punti e, al contempo, viene fornita una spiegazione del perché non ne è mai stata fatta menzione nei precedenti episodi. Troppo traumatico per Nate ciò che successe nel carcere di Panama, al punto tale che probabilmente non è mai riuscito ad elaborare completamente il lutto della presunta perdita del fratello, quindi piuttosto che affrontare la cosa, ha preferito tenerla serbata a tutti per 15 lunghi anni.
Questo capitolo ci riporta tutte le vecchie conoscenze, volutamente (e giustamente) ridotte ai soli Nate, Elena e Sully, il trittico da cui tutto è cominciato e con cui tutto si conclude. Nate e Elena, apparentemente felici sposi, che però sono vittime della routine indotta dalla vita matrimoniale, soprattutto il primo, il quale ripete di essere fuori dal mondo della caccia al tesoro quasi come un mantra, solo per auto-convincersi di non essere più disposto a seguire quella vita che, in fondo, fa parte del suo DNA e non riesce mai del tutto a sopprimere. Il ritorno di Sam è per Nate un ritorno alle origini, non solo per il bottino che andranno a cercare (il tesoro di Avery, lo stesso per cui 15 anni prima sono stati divisi), ma anche come occasione per rivivere quella vita che aveva cercato in tutti i modi di evitare, unicamente per il bene del suo matrimonio.
Meno spiritoso rispetto al passato, qui ci viene proposto un Nate che deve affrontare il nemico più ostico di tutti: la responsabilità, da quella di preservare il suo matrimonio, a quella (ingiustificata) di aver abbandonato il fratello in carcere, alla quale sembra quasi si senta in obbligo di dover rimediare. Le due entrano in conflitto, tanto da spingere sul baratro il rapporto con la moglie e incrinare i rapporti con Sullivan (la scena in cui Elena scopre tutto rappresenta al meglio questo aspetto). Solo dopo Nate ammette che altro non era che un meccanismo di difesa, perché lui ama davvero la moglie e desidera proteggerla, ma dall'altra parte non riesce a rinunciare alla vita per cui è nato. "Siamo nati per fare questo", lo stesso che gli disse il fratello quando, da bambini, decisero di cambiare identità e dedicarsi anima e corpo al lavoro incompiuto della madre.
Elena lo comprende, è conscia che Nate non le ha mentito per farle del male, ma perché la ama più di se stesso. Al tempo stesso, si rende conto che anche lei non è mai stata realmente felice in quella vita "normale", ma che più che mai le mancava l'avventura e la voglia di esplorare. E decide, alla fine di tutto, di essere l'artefice di un nuovo capitolo delle loro vite, che li porterà alla vera felicità e alla costruzione di una famiglia.
"Sic Parvis Magna", mai frase fu più azzeccata.
Un personaggio fedele a se stesso, fino in fondo.
Ho letto in giro che l'antagonista principale pecca di carisma e caratterizzazione. Ebbene, non mi trovo per nulla d'accordo. Pur non essendo al livello di Lazarevic, il top villain della serie per quanto mi riguarda, Rafe copre magistralmente il ruolo. Nonostante venga presentato come il classico riccone snob in cerca di tesori, non è il denaro il vero motivo per cui decide di cercare il tesoro di Avery, bensì la gloria, il motivo per cui prova una profonda invidia verso Drake. Sembra quasi che Rafe odi la sua vita, che non gli ha mai fatto mancare niente, che lo ha fatto nascere con il classico "silver spoon" in bocca e che gli ha dato il mondo su un piatto d'argento. Tutto ciò è stato un peso per lui, che ha assecondato questo modo sfarzoso di vivere, oscurando la sua ambizione della ricerca della gloria. E tutto ciò esplode totalmente nel finale, durante il duello sul vascello, quando elenca tutte le imprese di Drake, quasi a volerne essere stato lui il vero protagonista.
La sua disfatta è ironica: muore investito da un carico d'oro, perfetta metafora della sua vita.
I Naughty Dog hanno avuto un processo di maturazione incredibile negli ultimi anni, probabilmente merito di Neil Druckmann, il cui passaggio a direttore creativo è conciso con un ulteriore incremento di qualità nei prodotti, soprattutto dal punto di vista della narrazione.
E loro sono saggi, decidono di chiudere l'esperienza Uncharted al top della forma ma solo dopo aver dato un senso a tutta la saga con quest'ultima fatica, confermando ancora una volta come siano una Software House come ce ne sono poche.
Come ho detto e non mi stancherò mai di ripetere: chiusura perfetta.
E non avrei potuto chiedere di meglio.