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Sono molto soddisfatto, è una pellicola molto valida dotata di un ottimo equilibrio tecnico, una sceneggiatura molto interessante ed un'interpretazione splendida del sempreverde Penn.
L'ho interpretato come la distruzione dello stereotipo della rockstar dannata di mezza età, una visione molto più cupa ed intimistica di un personaggio di successo tormentato dai suoi demoni passati, pittoresco quantomai bizzarro, ma a tratti toccante ed imprevedibile.
La prima parte è chiaramente intenta nel descrivere lo spleen che divora l'anima di Cheyenne, una sensazione di vuoto che si ripercuote nella presentazione stramba, fredda ma allo stesso tempo imprevedibile di un'ex popstar che sembra quasi subire passivamente la sua vita, un turbinio di emozioni represse che si manifestano solo come mestizia latente e rimpianto.
Dopo che è stato inquadrato il contesto in cui è incatenato, Cheyenne decide di fuggire da questa realtà e si getta in una ricerca del proprio io quasi puerile, abbracciando ideali a lui sconosciuti e cercando di abbattere gli ostacoli del passato. L'evoluzione psicologica di Cheyenne è semplice ma gestita in modo molto ermetico, abbiamo infatti un adolescente che pian piano si assume il peso di responsabilità, problemi ed eredità "spirituali" di famiglia, un mondo completamente nuovo per lui che lo cambierà e lo renderà finalmente adulto e consapevole; il progresso caratteriale del protagonista non è mai banale, la sua sfaccettatura infantile non è lapalissiana ma si può intuire dalla sua franchezza senza malignità di sorte e dalla sua ingenuità verso le piccole cose.
Il finale non sono convinto di averlo capito, ho pensato che la donna, vedendo il cambiamento di Cheyenne, abbia optato anch'essa per ricominciare una vita sotto una nuova luce di speranza e felicità, ma qui possiamo discuterne.

L'unico punto negativo è il ritmo non sempre trascinante, ma penso si possa chiudere un occhio.