Chiudiamo il progetto con gli ultimi incontri e la fine della golden age: l’avvento dello show settimanale e l’addio congiunto di Danielson e McGuinness sono l’end of an era della vecchia ROH.
La percezione dal di fuori è che la ROH abbia fatto cose buone dopo, tipo Steen vs Generico che ho più volte visto consigliare. Però, vuoi l’appropriazione indebita della WWE di un certo modo di fare wrestling, vuoi l’emergere di altre sigle e realtà, vuoi una stessa decadenza ROH…insomma, l’aura della ROH è finità lì. Però andiamo con ordine.
Un’altra delle cose che succede nel 2007 è l’ascesa di McGuinness al top assoluto della federazione. Il suo regno titolato di mesi e mesi, con turn heel a titolo da poco acquisito, era già considerato piena golden age in corso d’opera.
Nel rivedere oggi quei match, che all’epoca vissi live, trovo McGuinness sempre molto simile a sé stesso, ma sempre perfettamente calato nel ruolo di un campione resiliente e disposto a tutto che acquisisce vigore difesa dopo difesa.
Questo con Aries è un match di rarissima consistenza, spessissimo, quasi un botta e risposta, che McGuinness porta a conclusione dopo essersi beccato un colpo alla testa micidiale nei primi minuti su un Suicide Dive di Aries.
Sì, McGuinness col suo ritiro precoce è il poster boy del wrestler che mette a repentaglio il proprio corpo per lo spettacolo e a furia di prendere rischi alla fine deve scendere dalla giostra.
Le testate nei match con Bryan, quelle tirare al paletto a Unified, più tante e tante altre occasioni…McGuinness è uno che si è giocato tutto e alla fine lì dove voleva arrivare, la WWE, non ci è arrivato perché a pezzi.
27/12/2008– Final Battle 2008
Fight Without Honor – Takeshi Morishima vs Bryan Danielson
Nella mia mente, e per i quindici anni che separano la prima dalla seconda visione, è il mio match indy preferito.
A rivederlo non è il classicone immortale della rivalità tra i due, che resta ovviamente
Manhattan Mayhem. Sì, quello con Bryan che si distrugge la retina e quasi perde un occhio, a proposito di idolatrare incontri unsafe.
Ma è il match che al tempo aspettavo come atto finale di una rivalità iniziata l’estate prima e che dopo il devastante match di Manhattan Mayhem aveva raccontato in altre due-tre occasioni la voglia di rivincita di Bryan e la sua capacità di approcciare un immovable object che mena.
Morishima vs Danielson è wrestling facile facile nella dinamica, è Davide vs Golia e alla fine funziona sempre se fatto con la consapevolezza e il senso del racconto che un fuoriclasse come Danielson porta alla performance.
Morishima non è Joe, la cui unicità era essere un Golia che si muoveva come Davide: Morishima è una montagna contro cui sbattere. Danielson è il Best in The World e l’icona della federazione che non può starci a beccarsi un massacro.
I loro scontri hanno tutti lo stesso script di partenza, ma ognuno elabora una variazione da aggiungere alla dinamica base e consente di alimentare la rivalità e il prossimo match.
Il motivo per cui questo match me lo ricordavo bene, e più o meno tutti gli altri visti al tempo li avevo rimossi, è che è un match che vive, esiste, ed ha senso, solo come atto finale di una narrazione più ampia. E nel tempo è la narrazione che è rimasta, non le dieci near falls frutto di spottoni di tanti altri incontri.
In tal senso, Danielson vs Morishima è un match di wrestling come vorrei che fosse un match di wrestling. Più interessato a raccontare una storia che a esibire tutto ciò che sanno fare i performer.
Legacy
Alla fine, cosa rimane? La ROH è finita in mano a Tony Khan, ma l’aura della ROH è finita da un pezzo.
A posteriori, mi resta la convinzione già espressa a inizio topic che la ROH, intesa come palcoscenico principale del mondo indy, sia stata la realtà più influente degli anni 2000, USA perlomeno.
Sia chiaro, a metterla in una prospettiva più ampia sono sicuro che la ROH non la guardasse nessuno. Già la TNA non la guardava
relativamente nessuno, figuriamoci la ROH.
Però la
legacy mi pare evidente. Le legacy intesa all’americana, il lascito, l’impatto avuto, e la ROH ne ha avuto eccome.
Una visione chiara e netta, il recupero del passato e il guardare al wrestling a 360 gradi fuori dalla WWE e dagli USA, l’arena d’incontro tra hardcore fans e una nuova generazione di wrestler che poi hanno riempito il panorama americano dei successivi 15 anni (Punk, Danielson, Joe, Aries, Tyler Black, Steen, Generico, ecc.).
A posteriori è ovvio che dal mondo indipendente, da questo humus di influenze e circostanze, dovesse venir fuori un nuovo modo di fare wrestling, nel bene e nel male. E per ciò che ricerco io, anche malissimo.
Mi sarebbe piaciuto ascoltare in questo topic, non esattamente di successo, qualche altra voce di indyvidui del tempo per testimoniare la percezione live di determinati passaggi. Non so se ne siano rimasti o stanno nascosti nella giungla del wrestling-web come i giapponesi nella giungla dopo la fine della guerra.
I nomi che veneravano sono diventati idoli del mainstream, e alla fine il mainstream si è mangiato la zona temporaneamente autonoma.