pingumen96 ha scritto:Domanda sulla matematica.
Sto studiando i vettori e ho visto che possono essere rappresentati in R1, R2 e R3... però anche in tutte le altre dimensioni, tipo R4, R5 e così via.
È difficile immaginarsi punti in queste dimensioni, ma il fatto che si possano effettuare comunque tutte le operazioni volute, può aver correlazione col fatto che realmente esistano altre dimensioni?
Magari è una puttanata colossale, però è praticamente la prima cosa che mi è venuta in mente.
In generale è buona pratica nella matematica universalizzare il più possibile tutto quanto. I.e., se fai una cosa solo in 3 dimensioni e non generalizzi a N, sei un po' uno sfigato, ma questo è un discorso completamente parallelo al significato "fisico" della matematica.
Parafrasando Feynman, funziona più o meno così: i fisici prendono per il culo i matematici perché perdono tempo a generalizzare la topologia a casi in n dimensioni, dopodiché si trovano dei dati che non hanno senso e impovvisamente tornano indietro dai matematici " Ué Minkowski, com'è che era la tua geometria non euclidea quadrimensionale?" senza la quale sono con il culo a terra.
A volte gli strumenti matematici si inventano (scoprono? dipende se sei platonista o meno) per risolvere uno specifico problema, a volte sono derivati per principi primi per ragioni completamente diverse e vengono reciclate. Nel caso specifico, l'algebra lineare l'ha fondata Lagrange a metà del 1700 per sbaglio nel tentativo di trovare minimi e massimi di funzioni con più di una variabile (il lontanissimo discendente dei quali è
https://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_de ... i_Lagrange" onclick="window.open(this.href);return false; ). L'idea di mettere insieme vettori e algebra lineare o di rappresentare matrici con vettori non arriva fino ai primi del '900, e la pontenzialità si comprende solo con le prime macchine elettromeccaniche durante la seconda guerra mondiale e i primi computer dopo.
Newton, Gauss, tutta quella gente lì, usava concetti che oggi noi rispieghiamo come vettori, e funzionano benissimo come tale, ma non esisteva ne il termine né il concetto. Google mi dice che il termine vettore l'ha inventato Hamilton e la generalizzazione dei vettori in n dimensioni la dobbiamo a Grassmann, nell' "Ausdehnungslehre" un libro che partiva dalla meccanica celeste di Laplace e generalizzava tutto in n dimensioni in maniera astrattissima, incomprensibile e con una notazione tutta sua.
Perché? Perché Grassman nel ~1850 era un insegnante in un collegio e disperatamente voleva essere preso sul serio, per cui voleva dimostrare il suo straordinario talento matematico con un problema concettualmente difficile ma che, almeno allora, e per 50 anni buoni finché non si capì che cazzo stava dicendo, non aveva applicazioni.
Oggi come oggi, nella fisica teorica contemporanea, hai sia chi ti dice che è "tutta matematica fino in fondo e ogni universo matematicamente descrivibile esiste in qualche senso e forse dovremmo liberarci dell'empirismo (Tegmark/Carroll)" e quelli che ti dicono che queste sono fanfalucche, cose "not even wrong" (Woit) al pari de "la radice quadrata di banana" e che in primis con la teoria delle stringhe ma in generale con la fisica teorica che non solo è al di là delle nostre capacità sperimentali oggi, ma è al di là delle nostre capacità sperimentali in linea generale, non è più fisica ma filosofia della fisica nel migliore dei casi e pseudoscienza nel peggiore (Smolin).
Ciò detto, anche loro ti direbbero che il fatto che qualcosa sia generalizzabile in n dimensioni è una proprietà della matematica e del sistema assiomatico che ti scegli, non dell'universo.