Alcuni appunti a caldo dopo la prima visione de
Ultimo tango a Parigi, o l'arbitraria memoria
Marlon vuole annullare la memoria perché gli ha portato solo dolore col suicidio inspiegabile della moglie, ma tuttavia accetta la narrazione, finzionale o meno, anche perché ne ignora la potenza (la memoria é narrazione) e la narrazione avrebbe potuto spiegare la morte della moglie, che invece resta memoria senza interpretazione (da cui
memoria + interpretazione = narrazione, cioé il nostro presente). Le uniche narrazioni della sua vita sono quella imposta della suocera (il funerale religioso, non sopporta i suoni che ci sono e quindi la natura multi-narrativa e multi-interpretativa dell'albergo, nonostante lo gestisca) e quella speculare dell'amante (lui disprezza l'amante della moglie, anche se la narrazione dei due rapporti é identica e lo costringe a riflettere su di sé; inoltre, accetta la narrazione esplicita dell'amante da parte della moglie, pur ripudiandone intellettualmente la figura).
Nella prima fase della sua vita Brando accetta acriticamente gli eventi e cosí si costruisce una memoria senza interpretazione per un presente confuso, aperto dal suicidio inspiegabile.
Nella seconda fase Brando rifiuta il ruolo della memoria proprio perché non ne vede lo scopo, in quanto inutile a dargli risposte, e l'unico essere con cui riesce a parlare é il cadavere, cioé l'istanza assoluta e manipolabile, della moglie; ora che non risponde, Brando riesce a parlarci e a trovare la pace, anche se di fatto si parla da solo e si narra.
Entra quindi nella terza fase, dove decide di vivere criticamente, iniziando col racconto ordinato ed interpretato della propria vita, lanciandosi in retorica narrativa ("io ti amo, che conta il resto?") e quindi cadendo nell'estremo opposto, ovvero la realtà che deve necessariamente uniformarsi alla narrazione ("quando una cosa finisce, poi ricomincia, no?"). Ora che pretende di conoscersi, pretende ancora piú di prima di controllare: prima controllava il corpo di Maria, ma le lasciava la libertà di non tornare ma piú, ora vuole controllarla come un personaggio nel romanzo della sua vita. Ovviamente muore ammazzato.
Le sue scene soliste sono sempre in una penombra squarciata dalla luce tagliente ed invasiva: l'oblio della dimenticanza rovinato dalla memoria della vita ancora viva.
Maria ha sempre vissuto una narrazione inquadrata, implicitamente nei ricordi alla casa di famiglia, che con i quadri delle porte e delle finestre ricrea delle scene naturali, ed esplicitamente con lo pseudo-film girato dal fidanzato, che va a concludersi con la forma definitiva, il matrimonio.
Lei stessa inquadra acriticamente la realtà con i filtri interpretativi dei suoi registi, vedasi la percezione razzista della portinaia ricalcato sul razzismo della domestica di casa sua: é ancora nella prima fase.
Per lei il sesso assoluto dell'appartamento é una liberazione dalle forme, perché ha goduto di un eccesso di interpretazione, che rappresenta la morte individuale e l'ha frustrata tanto quanto l'eccessivo caos di Brando, ovvero l'eccessiva vita.
Negli incontri clandestini Maria cerca la vita inspiegabile col brivido di trovare una spiegazione finalmente propria, e quindi scoprirsi e quindi spiegarsi; per cui si lascia sottomettere fisicamente, perché le é lasciata la libertà intellettuale di spiegarsi quella sottomissione. Brando cerca la morte, l'assenza di responsabilità con sé stessi e domina per dominare eventuali domande, ma cade in un paradosso perché una dominazione completa richiederebbe la responsabilità del dominato a proprio carico, quindi deve comunque lasciare la libertà di cui sopra; anche perché la dominazione su chi sceglie di essere dominato è la vera conferma del proprio controllo.
Quando Brando torna alla vita, Maria (Pascal) é delusa e capisce che é ora di smettere i ruoli di Puttana (Meis) e tornare alla propria interpretabile forma, non prima di aver mostrato a tutti com'é che si balla.
"Pensare che questa pistola era cosí pesante quand'ero una bambina"