Re: Blog
Inviato: 05/10/2013, 17:43
Grazie, tizio venduto alle multinazionali.Nicolasblaze ha scritto:
Eccellente, dear.
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Grazie, tizio venduto alle multinazionali.Nicolasblaze ha scritto:
Eccellente, dear.
Prima di tutto complimenti per l'articolo. Appena avrò tempo vedrò di dire la mia in un commento.Nicolasblaze ha scritto:http://soundandsociety.blogspot.it/2013 ... music.html
Bacino di lettori & tipologia di interlocutori (giornalisti e critici inglesi sono più disposti al dialogo, in media). Sì, mi sembra che funzioni, perlomeno le risposte sono state ottime fin qui e c'è stata sempre la possibilità di dialogare con gli interpellati. Che ne so, nell'articolo su Sinead O'Connor, Amanda Palmer & Miley Cyrus la stessa Palmer ha detto la sua su twitter, sul poptimismo l'ha fatto Ewing (ex-Pitchfork) e l'ha fatto Reynolds, e così via.Sonoio ha scritto:
Prima di tutto complimenti per l'articolo. Appena avrò tempo vedrò di dire la mia in un commento.
Poi avrei una domanda: scrivi in inglese per qualche motivo particolare? Se è per avere un bacino di lettori più ampio, hai notato che questo aiuti veramente ad attrarre più visitatori?
Che bel pezzo, fa riflettere. Mi piace quando qualcuno fa notare cose che in un certo senso sono sotto l'occhio di tutti ma nessuno stranamente se ne rende conto oppure le prende alla leggera, come fosse normale routine e quindi non si vuole perder tempo a rifletterci. Spero di essermi capito.Nicolasblaze ha scritto:http://soundandsociety.blogspot.it/2013 ... music.html
Un cd costa(va) tra i 15 e i 25 euro/dollari.
Poi è arrivato iTunes.
Poi YouTube.
Poi Spotify.
Il prezzo della musica è crollato.
Come può il music business sopravvivere? Io qualche idea ce l'ho, e umilmente la propongo.
Capito. Figo.Bacino di lettori & tipologia di interlocutori (giornalisti e critici inglesi sono più disposti al dialogo, in media). Sì, mi sembra che funzioni, perlomeno le risposte sono state ottime fin qui e c'è stata sempre la possibilità di dialogare con gli interpellati.
Ti ringrazio per i complimenti.Avantard ha scritto: Che bel pezzo, fa riflettere. Mi piace quando qualcuno fa notare cose che in un certo senso sono sotto l'occhio di tutti ma nessuno stranamente se ne rende conto oppure le prende alla leggera, come fosse normale routine e quindi non si vuole perder tempo a rifletterci. Spero di essermi capito.
Ah, io quando compro un album(e ne ho tantissimi a casa nonostante compri roba raramente), presto molta più attenzione a ciò che ascolto, sia per quanto riguarda la musica che per il testo. Cosa che faccio difficilmente con la musica 'free' di youtube ecc.
Per me è molto più facile assimilare quando ho il lavoro di una band fra le mani, in modo concreto.
Infatti mai capita la necessità di scaricarsi gratis intere discografie per poi lasciarle ammuffire sul pc, preferendo andare sul tubo e cercarsi i pezzi più cliccati(della band in questione). Lo dico perché molti miei amici fanno così.
Comunque mi piace anche il tuo inglese, chiaro e senza americanate.
Consideriamo che partiamo da punti di vista differenti. Io credo che ci siano ampie possibilità per gli apparati discografici, e che sia complesso ma importante e urgente far prendere strade nuove ai "colossi burocratici" delle multinazionali.Sonoio ha scritto: Capito. Figo.
Riguardo all'articolo mi sento particolarmente tirato in causa, da studente di musica e aspirante professionista.
Di solito preferisco dedicarmi alla parte artistica della questione, ma la domanda: come guadagnare dalla musica? non può ovviamente non interessarmi.
Appurata la premessa che il mercato discografico tradizionale è morente e tra poco lo sarà del tutto, bisogna fare un distinguo, tra artisti di successo, emergenti e professionisti della musica.
I primi (una Miley Cyrus piuttosto che un Baglioni che un Emis Killa) quanto possono risentire nelle loro entrate della mancanza di vendita dei cd? Molto, sicuramente. Ma bisogna considerare che pure nell'età dell'oro della discografia (quando cioè un Pino Daniele vendeva tranquillamente 2 milioni di copie solo in Italia) la maggior parte dell'entrate non era comunque rappresentata dalla vendita dei cd. Nel loro caso, quindi, le mancate vendite sono in qualche maniera controbilanciate dalle maggiori possibilità di esposizione rappresentate dal web e dai media e da una cura più attenta al business dei live. Sicuramente fanno meno soldi, ma sopravvivono e bene con tranquillità.
Il problema si presenta per gli artisti emergenti, in quanto una casa discografica ormai ha cancellato dai suoi bilanci le uscite per la ricerca e la promozione di artisti non affermati. Se prima un disco di Renato Zero ti consentiva, con le sue vendite milionarie, di dedicarti ad altri 1000 progetti minori, fregandotene se anche 999 di questi fossero falliti, ormai la casa discografica punto o sui soliti, o sui prodotti dei talent da sfruttare per un paio di anni, o su quei pochi che ce la fanno da soli. E non è un caso che l'artista emergente deve avere già un'intensa attività live, un paio di album autoprodotti e qualche video dalle decine di migliaia di visualizzazioni, anche solo per essere preso in considerazione da un'etichetta minimamente seria.
Potremmo dire che tutti questi svantaggi sono controbilanciati dalle possibilità del web, e che se prima rischiavi di non essere mai scoperto anche meritando, oggi se hai qualcosa da dire hai tutti i canali per uscire fuori da solo, e questo è un gran bel vantaggio a fronte di tutti gli altri problemi.
Una terza categoria, la più numerosa, quella dei musicisti professionisti che lavorano dietro le quinte (compositori, parolieri, turnisti etc.) se la prende allegramente nel culo. I soldi per produrre un disco non ci sono più (se prima alla Pausini davano un budget di 600.000 euro per realizzare un album, adesso gliene danno 60.000 - e sono fonti sicure), lavorano in pochi e lavorano poco.
E la risposta alla domanda iniziale - come si può guadagnare dalla musica pura - è per me: ormai non si può più. Gli ascoltatori (io in primis) ci siamo abituati all'idea di musica gratis e ovunque. Servizi come Spotify sono specchietti per le allodole, come dimostrato ampiamente dagli artisti stessi.
L'unica cosa da fare - da parte dei musicisti - è abituarsi all'idea di essere più poveri. Produrre musica (singoli e album) rientra ormai nel concetto di promozione, e non può più rappresentare una fonte di entrate in nessun modo. Si guadagna dal diritto d'autore, da live (soprattutto), e da tutto ciò che alla musica è collaterale (dal merchandising allo sfruttamento dell'immagine).
C'è poco da fare, per me.