Il dubbio, è uno dei nomi dell'intelligenza.
Circa settant'anni fa fece la sua comparsa, per mano di uno dei narratori più visionari e lucidi del nostro tempo, questa opera di
finzione sublime.
Nell'opera, l'autore ipotizzava un nuovo modo di intendere la narrativa, un mondo dove, grazie all'interazione tra testo scritto e realtà, vi fosse la nascita di una terza dimensione possibile, un luogo dove le azioni tra testo scritto (finzione), e vita reale non fosse più separato da alcuna
parete, ma dove anzi, le azioni nel mondo reale avevano eco nella finzione scenica e viceversa, dove si aveva la possibilità concreta (fisica, vera), di agire sul narrato, dando luogo da qui, ad una serie di
ramificazioni tutte diverse, tutte possibili, tutte vere, tutte possibilmente giuste.
Era la nascita della primissima opera di interactive fiction (quella che più tardi verrà banalizzata per costrutto e per necessità nei più svariati gamebooks), prima ipotesi ipertestuale dove al centro, nel cuore vero della narrazione, non era più posto il personaggio scelto dall'autore, ma ci veniva suggerito un nuovo protagonista, una nuova scelta sia da un punto di vista puramente scenico, sia nel campo effettivo del reale; quel
protagonista nuovo era, sorprendentemente, il lettore, eravamo noi.
A noi veniva chiesto di fare una scelta, una scelta che avrebbe portato a conseguenze ben precise nella finzione. Insomma per la primissima volta (e questo solo per rimanere sul piano superficiale), eravamo in grado di influenzare gli accadimenti del nostro personaggio, eravamo in grado di
entrare in sintonia perfetta con esso, poiché lo stesso non agiva più come predestinato dal narratore onnisciente, ma guidato attraverso le nostre ponderazioni, verso una delle tante ramificazioni possibili, una tra le tante scelte possibili.
Ed è un po' questo, quello che oggi ancora si ripete.
Certo il media è divenuto altro (è evoluto in altro), ma la ricerca coerente dell'azienda WWE non si smentisce. Ci guida attraverso un gioco fatto di dubbi, ci guida attraverso una narrazione a cui vengono preposti (ed evidenziati il più possibile, perché è necessario per lo stesso svolgimento del gioco), quelli che sono i punti chiave, punti di svolta ben precisi dei quali ci viene chiesto (in modo più palese ancora), il prossimo passo, il livello successivo.
Oggi, come non mai, il destino di ciò che vediamo è davvero nelle nostre mani.
Come sostenevo le settimane passate (ma veramente è da un po' più di qualche settimana, che sostengo la struttura di questa nuovissima Era), tutto ma proprio tutto assume una luce nuova, grazie al ruolo centralissimo che il social ha assunto nella nostra quotidianità.
Un assottigliamento delle distanze da quello che è il nostro intrattenimento, che ben si presta all'interactive fiction, descritto poc'anzi.
Certo, la WWE non è nuova a "chiedere pareri" al proprio pubblico (basta andare indietro di qualche anno, Luger o Hart, Michaels o Austin), ma è la primissima volta che si cerca insistentemente di inserire l'influenza del pubblico nella narrazione stessa.
E lo fa attraverso la costruzione di quelli che normalmente vengono chiamati snodi narrativi, ovvero portare il character ad un punto di svolta (che ci sarà comunque, che è già stato deciso in partenza), e chiedere da qui in poi come procedere.
Già perché cosa è
il dubbio, se non l'anticamera della domanda?
Ed infatti eccola (reiterata nelle tre ore) la domanda cruciale, ciò di cui si discute da due settimane: Punk ha voltato le spalle al WWE Universe?
Ed ogni due per tre: diteci cosa ne pensate, attraverso Twitter, attraverso Tout, attraverso i social in generale.
Generare questa domanda è risposta(!) ad una richiesta che ha origini lontane, e che in Punk ha trovato protagonista più che mai perfetto.
Egli è infatti incarnazione più vicina ai gusti del pubblico smart*, egli è più che mai
metawrestling (neologismo orribile, coniato tre anni or sono, di cui ho paternità), dunque ideale simulacro di questo nuovo corso (non così nuovo, almeno nell'idea, abbiamo visto).
Consentitemi un grazie al "vecchio bibliotecario cieco", ma che per quel che mi riguarda,
ci vedeva benissimo.
*
Si prenda coscienza del fatto che vi è un effettivo allargamento, sempre più sensibile, di quello che è il non ben definito pubblico smart. Oggi dove l'informatizzazione ha raggiunto il novanta per cento della popolazione, considerando solo il continente europeo.