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SNM UOTC
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"Mai stata ad Arcore, ma ci andrei
E il mio è un film di qualità"
Dopo le mille polemiche sul premio e sulla trasferta a Venezia Michelle Bonev (insieme all'amica-socia Licia Nunez) presenta "Goodbye Mama", dall'8 aprile in ben 80 sale. Su Berlusconi: "Solo una conoscenza formale, lo vidi alle cene del Milan: quell'abbraccio di Galan in Laguna a nome suo mi sorprese". E su Saccà, a proposito della famosa intercettazione: "Magari era nervoso"...
di CLAUDIA MORGOGLIONE

"Mai stata ad Arcore, ma ci andrei E il mio è un film di qualità"
ROMA - Su Berlusconi: "Non è un mio amico ma solo un conoscente, l'ho incontrato anni fa alle cene del Milan di cui sono tifosissima. Ad Arcore non ci sono mai stata, ma se mi invitasse ci andrei". Sull'allora ministro dell'Agricoltura Giancarlo Galan, che alla Mostra di Venezia le diede un "caloroso abbraccio a nome del presidente del Consiglio": "Un gesto che mi sorprese positivamente, il premier avrà detto di farlo perché sono l'artefice della prima produzione italo-bulgara". Sul premio ricevuto al Festival della Laguna: "Mi ha sorpreso molto anche quello". Su Agostino Saccà: "Magari nell'intercettazione 1 era nervoso, io ho con lui un ottimo rapporto e lo stimo". E sul suo film, Goodbye Mama, che esce in 80 sale 2 venerdì prossimo: "Un'opera di qualità, su cui il pubblico potrà farsi un giudizio".

FOTO 3 / TRAILER 4

Eccola, finalmente, Michelle Bonev, l'attrice-produttrice-sceneggiatrice bulgara protagonista del caso politico-cinematografico che, dall'ultima Mostra di Venezia in poi, torna periodicamente a occupare le pagine
dei giornali. Capelli corti, castigato tailleur con foulard, accompagnata dall'amica e socia in affari Licia Nunez (che ha anche una parte del film), chiarisce che il suo intento "non è fare guerra a voi della stampa", ma "collaborare insieme". Per promuovere un film che non ha convinto i critici. Più inquieta, invece, appare la Nunez, che si scaglia contro Repubblica, l'Espresso e Il Fatto che dall'estate 2009 l'hanno in qualche modo associata alle feste di Palazzo Grazioli e simili: "Non sono mai stata né indagata né interrogata da un pm - precisa - Berlusconi è mio amico, fu proprio lui a presentarmi Tarantini, di cui invece non sono amica: io a chi mi viene presentato dal premier non chiedo certo la carta d'identità". E se le fai notare che forse più che coi giornalisti dovrebbe prendersela col Cavaliere, visto che secondo le sue stesse parole l'ha messa in contatto con un personaggio giudiziariamente discusso come appunto Tarantini, Licia fa un mezzo sorriso ma non risponde.

I riflettori, però, sono soprattutto per la Bonev, considerata anni fa vicina ad Agostino Saccà (che parla malissimo di lei in una celebre conversazione intercettata col suo avvocato), e ora riuscita nella titanica impresa di portare un'opera prima bulgara in 80 sale, grazie a una corazzata della distribuzione come la 01 di Rai Cinema. E che risponde alle domande con sicurezza, in un ottimo italiano e con proprietà di linguaggio, affiancata - oltre che dalla Nunez - dall'amico e co-produttore Giuseppe Corasaniti ("sono pronto a rispondere a tutte le contestazioni legali", mette le mani avanti lui) e dal re dei press-agent italiani, Enrico Lucherini, a cui è stata affidata la promozione della pellicola.

Michelle, è contenta per questo sbarco massiccio nei cinema?
"Le 80 copie mi hanno fatto piacere, se una grande società come Rai Cinema ha deciso così è perché avrà fatto i suoi calcoli di marketing. Io penso che qui, così come in Bulgaria dove uscirà il 6 maggio, andrà bene: la gente ha bisogno di emozioni, e questo film è pieno di emozioni".

Racconta una storia vera: la sua...
"Sì, la dura battaglia per portare mia nonna fuori da un ospizio statale orribile. Il tema degli anziani mi interessa molto. Parlo anche dell'educazione dura che mi ha dato mia madre: mia sorella piccola ha reagito rifugiandosi nell'egittologia, si sta laureando a Sofia, io invece ho deciso di affrontare il mondo. Secondo mia mamma - con cui non ho più contatti, anche se le ho comprato sei case - il merito della mia affermazione è proprio della sua durezza, ma è grottesco: quella cosa lì mi ha portato al tentativo di suicidio e a tre giorni di coma, come mostro anche nel film".

La pellicola vuole anche denunciare i residui stalinisti nel suo Paese?
"C'è gente come mia madre che ha ancora le foto di Stalin, che pensa che allora si stava meglio. Ma non è vero, perché chi voleva emergere veniva soppresso".

A proposito di foto, nel film se ne vede una di Berlusconi, accanto a una di Wojtyla, nell'ufficio di un esponente del governo bulgaro.
"Lui è un personaggio di spicco anche in Bulgaria, è molto amato, e poi nel 2005 in cui è ambientata la vicenda governava lui l'Italia: se ci fosse stato un altro, avrei messo un altro".

Restando sull'argomento premier: cosa pensa degli scandali sessuali che lo hanno coinvolto?
"Credo nella sua buona fede, credo che ci sia in atto una spy-story. L'Italia è un democrazia, ognuno è libero di fare ciò che vuole: certo, poi si prende le conseguenze dei suoi atti. Comunque non è vero che Berlusconi è mio amico: l'ho conosciuto nel '95, quando a Milano avevo un'azienda di moda e management che rappresentava alcuni calciatori del Milan. E' una persona gentile, educata. Lo stimo molto, questo sì, anche se i nostri rapporti sono solo formali".

Come commenta le polemiche sulla trasferta veneziana, che sarebbe stata pagata dal nostro ministero della Cultura (che però ha subito smentito), secondo quanto riportato da alcuni giornali 5?
"La trasferta è stata interamente a spese mie, 330 mila euro: posso mostrarvi le fatture. Pure in Bulgaria questa cosa è stata usata a fini politici, il ministro della Cultura è stato accusato dall'opposizione: ma lui ha risposto che per sostenere il cinema del nostro Paese a Venezia ci andrebbe altre cento volte. E non è vero, come è stato scritto, che il suo viceministro si è dimesso per questa vicenda: i motivi sono altri".

Crede molto nel valore del suo film?
"Sì, è un'opera di qualità. Il direttore della Mostra Muller a Venezia fece ammenda, perché negli ultimi anni era stato un po' distratto sul cinema bulgaro".

Veramente Muller al Lido ammise di non aver visto Goodbye Mama.
"A me ha detto che lo aveva visto cinque volte. Mah, forse ho capito male. Hanno scritto tante cose di me, perché nessuno ricorda che la fiction Artemisia, di cui ero protagonista, ha fatto il massimo di ascolti?".

Invece un'altra domanda: perché questa mattina non ci sono esponenti di Rai Cinema a partecipare alla presentazione del suo film, come di solito avviene?
"Perché avevano una convention importante a Firenze, comunque qualcuno di Rai Cinema c'è" (Vero: nessuno di vertice, però).

Come ha conosciuto Licia Nunez?
"Tramite amici comuni circa sei anni fa, siamo diventate molto amiche. Io sono un'imprenditrice da anni, lei sta imparando: vista l'età che avanza, bisogna darsi da fare. Io credo che l'Italia sia un paese per donne: l'importante è darsi da fare".

Prossimo progetto registico?
"Una commedia gialla, pensavamo a una co-produzione con l'Egitto, ma non so se adesso ce la facciamo". Forse perché nel frattempo Mubarak è caduto?
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Re: Giusto investire sulla cultura

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Goodbye Mama, welcome to Papi “La disciplina rafforza il carattere e di questo un giorno mi ringrazierai”. Ianeva Dragomira Boneva, in arte Michelle Bonev, così si rivolge alla figlia, cioè a se stessa, in Goodbye Mama, il film scandalo che domani arriva su 80 schermi con 01 Distribution. L’ha prodotto lei sola per il 40% bulgaro, mentre del 60% italiano se n’è fatta carico con i soci di Romantica srl Licia Nunez (anche interprete, è l’avvocato Virginia Kirova che assiste le figlie di cotanta Mama) e Giuseppe Maria Corasaniti: 3 milioni e 300mila euro di budget, meno i 150mila offerti dal Centro Nazionale Bulgaro di Cinematografia più 330mila sganciati da Romantica srl per coprire le spese della delegazione bulgara che alla Mostra di Venezia il 3 settembre 2010 assistette al premio patacca attribuito dal Mibac e officiato da Galan, Giro e il gotha della Biennale.

Fin qui, si fa per dire, le magagne nel fuoricampo, poi c’è il film, ed è tutto tranne che una bella notizia. Dal ’68 al 2005, dalla Bulgaria stalinista (Stalin è segnalibro ancora buono nel 2005…) all’Italia di Papi, dove Elena (Marta Yaneva, ovvero la Bonev della realtà) arriva – diremmo, complice un’ellissi fantasmagorica – per teletrasporto. L’alter ego di Michelle ma belle la ritroviamo a Roma nei pressi di Piazza Adriana (sede di Rai Cinema), dopo il tentato suicidio in patria. Vai a sapere, ma di fronte alla tragedia quotidiana dei migranti di Lampedusa questa ellissi pesa come un macigno.

Bando al moralismo, torniamo al film, che già in Bulgaria predilige il tricolore: nell’ospizio-gulag dove Jana reclude la mamma si servono maccheroni con uova avariate, sebbene il suocero rivendicasse “la famiglia, le nostre radici sono qui”. Così non sarà, la figlia più grande migra in Italia, mentre Mama Bonev, Jana per fiction, si prende i suoi begli insulti: “sgualdrina”, “melodrammatica”, su un basso continuo che rinnega la fede – “Dio non esiste, Gagarin non l’ha visto” – e ammazza la fiducia del pubblico.

A farla da padrone è l’irrealismo socialista, che pompa sangue nelle vene cattive e comuniste di Mama Jana: 7 x 8?, e la tabellina mancata vale alla figlia più piccola (Teodora alias Nadia Konakcheva) una tortura da Arcipelago Gulag.

Insomma, i tempi sono buoni per guadagnare (popolo della) libertà e (il partito dell’) amore nel Bel Paese, ovvero l’Italia di Papi. Berlusconi compare in cammeo fotografico – product placement? – su scrivania ministeriale bulgara, a spartirsi con Wojtyla quell’“odore di santità” già annusato da Bruno Vespa. Papi e Papa, e in mezzo Mama, che strepita “Io vinco sempre”, ma finirà sconfitta dalle figlie in un insolito processo breve. Se le analogie tra Mama e Papi non sono peregrine, basti vedere quanto la Bonev non invecchi nei 40 anni passati sullo schermo, viceversa, la disponibilità finanziaria ne fa acqua e olio: “Non mi serve un avvocato, non ho soldi da buttare”, tuona Jana in aula e, dicunt, a Ghedini siano tremate le tasche.

Ma tutto è bene quel che finisce bene: se Mama si ritroverà signora in rosso a rimorchiare beoni prezzolati in stazione, la figlia Elena troverà in Italia il suo posto al sole, ovvero l’agognata copertina. Mama o non m’ama, l’importante è apparire, a ogni costo: quello inconsulto di un film orribile. Arrivederci, e grazie.
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