De Pieri si è fermato all'altezza della trattoria Quaglia, a San Giorgio delle Pertiche. Patente e libretto. "Ho mostrato il libretto e, in anteprima, la nuova patente veneta. Me l'hanno contestata: non è valida. Questo lo dice lei, ho replicato, a casa mia, nel Veneto, è validissima. Ho tentato di spiegare a quei signori che non sono italiano, che loro non hanno sovranità sul territorio veneto. Ma loro niente, non è valida, ci segua in caserma. Ero solo e non avevo testimoni. E visto ciò che è successo a Cucchi, ho detto: gente, non vi seguo, ho bisogno di tutela, sono presidente dello Stato di Padova. E ho chiamato il presidente dello Stato di Treviso, Daniele Quaglia, e anche la Finanza che mi mandasse una pattuglia".
Ma i finanzieri hanno risposto che non si occupano di questi episodi e di chiamare la polizia. "E il 113 mi ha detto di rivolgermi ai testimoni di Geova, che non si occupano delle cose dei carabinieri perché sono una forza di polizia militare. E' incredibile che certe persone, stipendiate da noi, agiscano così. Mi domando in quale paese che si definisce civile una forza militare interferisce con la popolazione civile".
De Pieri è stato fermato. "Mi hanno portato in caserma contro la mia volontà, io non avevo fatto niente di male - afferma - non ero ubriaco. Ho dichiarato di essere cittadino veneto, titolare di sovranità originaria e in virtù di questo fatto non riconosco l'amministrazione né l'autorità italiana sul territorio veneto. In caserma mi hanno spento e ritirato il cellulare, palese violazione dei diritti umani, e mi sono stati sequestrati patente e carta d'identità veneta. Ora sono senza documenti, sono mister X".
Il racconto di De Pieri continua, dettagliato: "Quando è arrivato Quaglia è stato costretto ad aspettare nella guardiola. Mi sono trovato da solo con tre carabinieri che mi facevano pressioni psicologiche. Devi firmare, senno ti si aprono le porte del carcere, continuavano a ripetermi. Io non ho firmato niente. Poi mi hanno lasciato andare con una sfilza di verbali in lingua italiana che non so leggere, mentre li avevo chiesti esplicitamente in lingua veneta. Ma ora mi rivolgo alla Corte europea dei diritti umani».
