Intervista a Justin Roberts sul suo nuovo libro

Ring Rust Radio recentemente ha intervistato l'ex announcer della WWE Justin Roberts. Ecco alcuni passaggi salienti.


Innanzitutto hanno parlato del libro appena uscito scritto da Roberts “Best Seat in the House: your backstage pass through my WWE journey” (Il miglior posto in casa: il vostro pass per il backstage attraverso il mio viaggio in WWE) e gli hanno chiesto come si è sentito quando ha capito che era arrivato il momento di parlare della sua esperienza e che cosa spera di ottenere con il suo rilascio: “Pensavo potesse essere una storia interessante ripercorrendo i molti anni indietro in cui ho fatto parte della compagnia. Siccome sono stato un grande fan della WWE e un fan di wrestling in generale per tanti anni e poi io stesso sono entrato in WWE, ho avuto l'opportunità di lavorare con molti talenti e ho pensato che potesse dar vita a una storia divertente. L'idea mi è venuta quando ancora ero sotto contratto. Ho scritto estratti della mia esperienza anche nel WWE Magazine ma non erano interessati alla mia storia, così è sempre rimasta in un angolino nella mia testa e finalmente era arrivato il momento di condividerla. Ho iniziato a lavorarci quando ancora ero in WWE, ma il tempo diminuiva e poi quando ho lasciato la compagnia, è diventato più facile tornare indietro ed esprimere ciò che volevo raccontare attraverso un libro sentendomi libero di parlare di ciò che volevo. Così, una volta messi insieme i pezzi, sembrava pronto proprio come doveva essere e l'ho fatto pubblicare.”

Gli hanno chiesto che tipo di informazioni gli venivano date quando era a bordo ring, prima che iniziassero i match, come se per esempio doveva aspettarsi che qualcuno iniziasse a lottare fuori dal quadrato, vicino alla sua postazione: “No, questo è qualcosa di cui sono davvero consapevole perché quando vedevo gli atleti che si avvicinavano, si vedeva che ero spaventato e mi allontanavo impaurito perché era qualcosa che mi piaceva fare sul momento. Tutti rimangono nella propria zona intorno al ring quando gli atleti escono ma in quel caso non devono comportarsi come se fossero miei amici come fanno nel backstage. In quel momento sono dei personaggi che stanno recitando. Mi spostavo dalla loro traiettoria se si avvicinavamo a me mentre stavano facendo una rissa. Se sembrava tutto vero era perché dovevamo farlo sembrare vero in modo genuino. Non li guardavo mentre lottavano e non dovevo pensare -oh questi sono miei amici e se avranno intenzione di combinare qualcosa allora mi sta bene-. Invece doveva apparire come se pensassi -Oh no, sono vicini, si stanno battendo e devo togliermi di mezzo-. Se non lo facevo mi sarei ritrovato in mezzo allo scontro. Non sapevo davvero se sarebbero arrivati vicino a me. Qualche volta capita che potrebbero scagliare qualcuno oltre la transenna e c'era il rischio che questa cadesse addosso al timekeeper o dove io sedevo e altre volte ci facevano capire quando dovevamo stare attenti così avremmo avuto il tempo di spostarci e di non impattare contro i vari oggetti.”

Hanno affrontato anche uno degli argomenti più discussi dell'ultimo periodo, ovvero le accuse di bullismo rivolte a JBL. Molti giornalisti riprendono alcuni estratti proprio dal libro scritto da Roberts per supportare il caso contro lo stesso JBL ed è stato chiesto a Justin cosa pensa della situazione di Mauro Ranallo: “Molte persone me lo chiedono e io rispondo che non conosco Mauro. Non lo conosco affatto di persona e non abbiamo mai parlato. Non conosco nemmeno la sua situazione. Tutto ciò che so riguarda esclusivamente la mia personale esperienza in WWE che è chiaramente iniziata nel 2003, compreso quello che accadde con JBL. Nel caso in questione, dopo l'incidente con Joey Styles quando lui si alzò e gli dette un pugno, praticamente scomparve poco dopo il fatto. Quando tornò sembrava come una persona completamente diversa. Lo spogliatoio cambiò completamente e così quando tornò nella compagnia sembrava come un mondo diverso con diverse persone e una mentalità diversa. I ragazzi che c'erano nei primi anni del 2000 sapevano bene cosa accadde ma dopo non so cosa è successo con Mauro. Quindi non pronunciarmi a riguardo, ma se la gente mi chiedesse se JBL dovesse essere licenziato dopo ciò che è successo direi di no. Non è qualcosa che ha a che fare con JBL, è la mentalità nella compagnia. Vogliono fare da guida alle persone e non so se abbia qualcosa a che fare con Mauro Ranallo. Ripeto, non so niente di sicuro su questa storia, solo le accuse sentite in giro nei siti di notizie.”

Gli hanno chiesto se, potendo tornare indietro alla sua esperienza in WWE, vorrebbe fare qualcosa di diverso o se desiderasse qualcosa di diverso di ciò che non poteva controllare: “Sono contento con quello che ho fatto, ho fatto tutto ciò che sentivo mi piaceva, tutto ciò che sognavo e anche di più, comprese cose che non credevo avrei mai potuto fare nella mia vita. Ho sempre cercato di farmi sentire se avevo un'idea o qualcosa che vedevo agli show live o in tv. Se c'era qualcosa che pensavo potesse essere fatto meglio, cercavo di farlo presente. Se c'era qualcosa negli script degli show che non aveva senso nella prospettiva di un fan, sapevo che avrei dovuto dire qualcosa. Ho sempre provato a farlo e molte volte non mi è andata bene. Se proponevo qualcosa o se provavo a migliorare il mio modo di annunciare o se vedevo che un certo annuncio sentivo che non era grande abbastanza e volevo migliorarlo tentavo di dirlo. Ma molte volte mi veniva detto di non cambiare niente e di abbassare la qualità dell'annuncio. Così, sentivo che ci provavo, provavo davvero a fare qualcosa che potesse essere il meglio che potessi fare, ma sapevo che non mi era permesso fare molte cose che invece credevo risultassero utili per un annunciatore o che credevo rendessero un annuncio migliore. Non ho rimpianti perché almeno ci ho provato. Se fossi stavo zittito, stavo zitto e basta ma almeno ci avevo provato.”

Su qualche sia stata la più grande emozione nella sua carriera in WWE che considera come un riconoscimento e che crede abbia contribuito a distinguerlo e a lasciare il segno come annunciatore: “Penso forse che ci siano stati annunci che sono diventati memorabili per molte persone. Sento che molti ancora parlano dell'introduzione che facevo per John Cena o quella per Undertaker e anche quella per Jeff Hardy. Alcune di queste introduzioni sono diventate parti integranti di un'entrata in scena eppure questi ragazzi in fondo non avevano bisogno di me per dargli un significato. Sono star importanti con la fama che hanno raggiunto, ma proprio questo ha fatto si che la mia voce fosse capace di dare un contributo nel mio piccolo alla loro introduzione e che potesse lasciare un segno nelle menti dei fan come lo è stato per Howard Finkel sui fan più vecchi. Le persone che sono cresciute sentendo le mie introduzioni per quei ragazzi che stavano guardando sono quelle cose entusiasmanti che ti rimangono impresse.”

Nel libro parla anche delle esperienze avute a contatto diretto con Triple H, qualcuno che anni fa era odiato dai fan più estremi e ora da molti è considerato un genio. Hanno chiesto perciò a Justin cosa pensa di Triple H e della percezione che ha del lavoro che questo ha fatto con NXT: “Si vede che ci tiene molto ai ragazzi che sono a NXT. Penso ci sono tanti atleti che non sono a NXT che non sono trattati molto bene e che non possono raggiungere il successo che meriterebbero con tutto il potenziale che hanno. Mi è sempre sembrato che qualcuno o qualcosa lavorasse contro di loro mentre i ragazzi che Triple H sosteneva apparivano sempre al meglio mentre questo non accadeva se non eri sotto la sua ala. Nei miei rapporti con lui, quando parlavo dei live event dalla posizione della produzione, ecco qui che c'era qualcuno che prendeva parte a ogni singolo show, guardavo ogni live event, tutti gli show televisivi, tutti i PPV visti da bordo ring e tutti visti dall'inizio alla fine. Vedevo quanto poteva distruggerti e volevo aiutare a sistemare quando c'era bisogno per aiutare di conseguenza la compagnia. Qualcuno come Triple H mi ha tagliato fuori dicendo che non avevo abbastanza esperienza e poi prendevano ragazzi che non sapevano niente di questo business, non venivano dal mondo del wrestling e non sapevano nemmeno come si mettesse insieme uno show di wrestling o quale psicologia c'era dietro. Psicologicamente per i fan deve essere una montagna russa di emozioni per tenerli attenti durante tutto lo show. Per lui dirmi che non avevo abbastanza esperienza e poi portare chi neanche conosceva questo mondo non aveva alcun senso. Era il personaggio heel al top in quel momento e quando siamo andati in Australia, era la figura con più autorevolezza, ma avrebbe iniziato lo show live dando il benvenuto a tutti e quando lo fece sembrava più un beniamino della folla. I fan avrebbero dovuto fischiarlo quando sarebbe comparso perché era un heel in televisione con l'Authority, e invece voleva apparire in quel contesto come un babyface che veniva accettato da tutti. Queste cose non hanno senso e aiutano a definire chi sei nel ruolo che ricopri.”

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