THE OTHER SIDE #90 – ODE FOR “THE WRESTLER”

ODE FOR “THE WRESTLER


Nella mia review di Wrestle Kingdom del mese scorso ho tralasciato un fattore importante, forse il più bello di tutti nella mia recensione e ora permettetemi di recuperare. Avete presente che in molte storie, film c’è quel personaggio dai modi un po’ scorbutici, non tutti lo capiscono ma col passare del tempo vi ci affezionate? Pensate a Vegeta di Dragon Ball, il Joker, Loki … Katsuyori Shibata è quel tipo di personaggio. Lo si ama o lo si odia.

Shibata aveva tutto per sfondare, era l’astro nascente della NJPW incarnando perfettamente quello che significava strong style. Insieme a Tanahashi e Nakamura aveva il compito di elevare la compagnia verso nuove vette, ma la sua ammirazione sconfinata per Antonio Inoki e il non voler essere un burattino della compagnia, lo portò ad allontanarsi dandosi alle MMA con un record modesto (4-11)

L’idea di Inoki, ai tempi presidente, di mischiare il wrestling con le arti marziali miste non portò ai risultati sperati e mentre Tanahashi risollevava la compagnia, Shibata era visto come il traditore. “Non vedo futuro per uno stile così violento e pericoloso” scrive l’Ace nel suo libro. Il tornare quando la compagnia era in condizioni economiche migliori non fu visto bene nel locker room, era la strada facile, da approfittatore e lo stile che portava Shibata sul ring era un grosso richiamo ai tempi bui di Inoki. Shibata era visto di fatto come Giuda.

Nonostante la carriera di Shibata sia stata spesso confinata sul NEVER OPENWEIGHT Title, per la sua attitudine seria e decisa, per il suo no sell, per il suo “fighting spirit”, Shibata ha sfornato grandi match già prima che arrivassero alcuni dei suoi più famosi avversari tra cui Ishii, Zack Sabre Jr e l’amico di una vita Goto. Non gli interessava il successo, i fan, i soldi, voleva lottare e basta e questo gli valse il nickname di The Wrestler.

Non gli importava essere un team player, o un “uomo della compagnia”. Tuttavia nel suo essere un lupo solitario Shibata ha cambiato molte opinioni ed aperto molti occhi su di lui specie quelli del suo nemico Tanahashi. I fan adoravano Shibata sempre più e lui ha mostrato fedeltà alla compagnia tanto che a Sakura Genesis era finalmente arrivata l’occasione della vita: detronizzare il Rainmaker in persona.

Il match è stato fantastico, entrambi hanno dato davvero fondo a tutte le proprie energie per vincere. Shibata ha usato tutto il suo repertorio: MMA, calci, pugni, grappling, trasudava quel fighting spirit per cui i giapponesi vanno pazzi fino al momento in cui è andato troppo oltre colpendo Okada con una paurosa testata. Il Rainmaker è collassato a terra mentre Shibata è rimasto in piedi con un rivolo di sangue che gli scendeva dalla fronte.

Poco più tardi si venne a sapere che quella mossa, tipica di Shibata, gli aveva causato un ematoma interno con accumuli di sangue e paralisi in alcune parti del corpo. Arrivato nel backstage Shibata collassò e venne portato all’ospedale dove venne operato in emergenza. Poteva davvero rimetterci la pelle ma Shibata ne è uscito “vivo” come lui stesso ha affermato al suo ritorno.

Perché quindi il ritorno di Shibata in un ring di wrestling ha così tanta importanza quando abbiamo assistito negli ultimi anni a ritorni considerati impensabili come quelli di Edge e Bryan Danielson? Innanzitutto perché quest’oggi Shibata poteva non essere qui insieme a noi, insieme a chi gli vuole bene e a contatto con ciò che gli piace fare maggiormente.

Ma soprattutto perché Shibata è la personificazione di qualcuno che ha sempre marciato secondo le proprie convinzioni, ignorando e tralasciando occasioni facili di successo perché voleva portare avanti la sua idea di wrestling e di strong style incurante del giudizio di altri. Questo merita rispetto e ammirazione ed è stato incredibile vederlo su un ring a Wrestle Kingdom tornare ad essere chi era, anche per poco tempo.

Non tornerà mai ad essere un wrestler full time, questo probabilmente no, ma forse solo lui, più di tutti, ha creduto durante il suo periodo lontano dal ring di poter tornare ad essere The Wrestler anche solo per un’ultima volta. La sua storia ha un qualcosa di shakespeariano: un uomo che ha lottato letteralmente e figurativamente contro il suo passato e contro sé stesso trasformando l’odio dei suoi colleghi in rispetto per lui.

Il match contro Okada lo ha visto sconfitto sul ring, ma agli occhi di tutti Shibata aveva vinto. Il suo corpo era spezzato ma il suo spirito è rimasto in piedi e i fan questo lo hanno capito. Doveva essere uno dei tre moschettieri, con la strada verso la cima della montagna, tracciata per lui. Ma Shibata al successo ci è arrivato comunque, costruendosi la strada da solo.

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