Gorilla Position #15 – Zugzwang e gestione veterani

Zugzwang è una parola tedesca del vocabolario degli scacchi per cui un giocatore si trova nella situazione di impossibilità di muovere senza subire danni irreparabili. In altre parole, la partita è persa. Irrimediabilmente. Di recente, Magnus Carlsen si è confermato campione del mondo di scacchi, avendo ragione senza troppi patemi d’animo del russo Ian Nepomniachtchi.


Che ha pure tentato un improvviso cambio di gimmick, tagliandosi i capelli per sovvertire il trend, dopo aver perso malamente. Ma no, non è andata. Preso dalla fretta e dal nervosismo, il russo si è di fatto sciolto di fronte alla solidità del campione in carica. Sembrando proprio come un coniglio tra le fauci di un lupo. Senza chance di scampo.

Ed è un’immagine che ho rivisto in Jeff Hardy, nel suo modo di andarsene a capo chino da quel live event in Texas. La sensazione di essere in trappola, di non avere una via di uscita, di non essere più in grado di fare alcuna mossa. Senza che questa collimi con una delusione. Potete sentire il mio parere sulla faccenda Hardy sia nel The Whole Damn Show!, podcast ufficiale di Tuttowrestling, sia nelle Pillole del Doc & Friends, neonato progetto, che vuole dare contenuti di wrestling a piccole ma regolari dosi. Ci trovate su Apple Podcast, su Spreaker, insomma, qui, qui, qui qui, qui… dovunque!

La mancanza di prospettive sul proprio futuro è un argomento delicato sotto ogni punto di vista e per chiunque di noi. Soprattutto quando si raggiunge una certa età e, nel wrestling, anche una certa storia clinica, fatta di infortuni, problemi, logorio. A 44 anni, come nel caso di Jeff, o anche a qualcuno in più, si è davvero pronti a capire che c’è una nuova generazione di mini-te? Si può mettere da parte il proprio orgoglio e la ricerca spasmodica di quell’appagamento che il ring può e sa dare?

Dacché il tema di oggi, ovvero: come andrebbero usati i veterani? E cosa significa per loro rinunciare alle luci della ribalta?

LA LEZIONE DI CHRIS JERICHO

Amare il wrestling business significa capire anche quando è il momento di farsi da parte. O quando è necessario reinventarsi. Tutto in nome di un solo denominatore comune: mantenere interesse intorno al prodotto. E se questo implica stare lontani dalle zone titolate o dover jobbare a un giovane in rampa di lancio, prego, si accomodi. In questo nessuno a parer mio può paragonarsi, a oggi, a Chris Jericho, la cui carriera ha vissuto costantemente alla ricerca di una narrazione sempre nuova e raramente fallimentare.

La storia del suo job a Fandango è molto divertente, ma rende perfettamente l’idea di come nella mente di un veterano sia difficile fare quel click per cui ti rendi conto che puoi essere superato. O comunque che sei più utile per qualcun altro che per te stesso. La bravura di Y2J è stata ed è appunto quella di saper essere high level su entrambi i fronti, essendo colui che comanda una stable in cui però vincono gli altri (Guevara in primis), sapendosi prendere delle piccole soddisfazioni in faide dominate da altri (MJF), accettando il ridicolo, per poi sfruttarlo con autoironia (Cassidy).

IL PARADOSSO GOLDBERG

C’è chi va, per l’appunto, e c’è chi viene, di tanto in tanto. E ben retribuito. E ben remunerato anche a livello di cinture. Business first, si dice, eppure la presenza di gente come Goldberg sta diventando paradossale. Grande pubblicità, feticcio degli arabi, eppure del tutto incapace di fornire una qualche parvenza di prestazione pseudo decente sia sul quadrato che in termini di storyline.

Qualsiasi volume di gestione delle risorse aziendali suggerisce che per mantenere una proiezione sul futuro bisogna innovare il proprio prodotto. Bisogna renderlo al passo con i tempi, bisogna creare un ricambio generazionale per cui il testimone passa dai vecchi ai nuovi. Il caso Goldberg è paradigmatico di una gestione WWE che strizza l’occhio alla nostra serie A di calcio. Se sei giovane, aspetti. Perché devi essere pronto, anche se sei forte. Per cosa? Non si sa. Intanto giocano i vecchi.

Attuale roster WWE diviso per fascia di età e show.

Nel main roster, il gruppo meno nutrito di wrestler è proprio quello più giovane, che annovera come unici nomi di spicco Sasha Banks e Rhea Ripley. Per il resto solidi worker del mid-low card, con il solo Omos a potersi fregiare di una cintura.

Diventa ancora più interessante in questo senso esaminare cosa ha detto il 2021 di RAW e Smackdown. Escludendo i wrestler con contratto solo per la singola data di un PPV o ancora non membri attivi (Gable Steveson, John Cena, Kane), la media di presenza televisiva è pesantemente appannaggio delle fasce di età più avanzate.

Insomma, viene da chiedersi se questo sia lavorare in prospettiva. Pensando a quando i vari over-40 prenderanno il viale del tramonto, o altri più giovani intraprenderanno altre carriere (Roman Reigns?). Non a caso, è uscita la news che vuole la WWE fortemente interessata ad MJF, uno che a 25 anni ha già una padronanza del business da veterano.

CARRIERE FINITE, O FORSE NO?

Edge, Christian, Bryan Danielson, ma anche Sting, nondimeno Ric Flair, che di recente si è detto disponibile a combattere ancora. Tralasciando le motivazioni economiche alla base di questa boutade. Costretti al ritiro per infortuni gravi, se non gravissimi, potenzialmente invalidanti. Eppure anni di cure, interventi, terapie. Pareri specialistici, luminari, trattamenti innovativi. Con un unico grande e irrinunciabile desiderio: tornare sul ring.

E ogni ritorno è condito dal sorriso di chi sta calpestando il giardino di casa. Già, l’adrenalina, l’emozione, l’eccitazione. Tre elementi che il wrestling ha nella sua definizione più intima e pura, che sono poi ciò che determina anche, in larga parte, il successo di match o segmenti. E nondimeno il coinvolgimento del pubblico, da cui è tremendamente difficile staccarsi.

Ed è un po’ come il primo amore per ciascuno di noi, in qualsiasi ambito: il mio imprinting videoludico per esempio avvenne con Super Mario, con Tomb Raider, con Final Fantasy VIII. Il primo è un download costante, il secondo l’ho rigiocato in tutti i suoi remake. E il terzo è presente su qualsiasi console sia uscito, presente nella mia playlist a livello di colonna sonora, presente nel mio armadio con una felpa di Squall.

The Rock e John Cena sono attori di successo. Chiaramente più il primo del secondo, però Hollywood è il loro indirizzo di spedizione per i regali di Natale. Eppure, nonostante si parli di celebrità dai guadagni stellari, non dimenticano mai ciò che li ha visti crescere. Ed è una cosa romantica e triste al tempo stesso: perché è meravigliosamente bello vedere che nonostante la vita vada avanti terribilmente veloce si può ancora trovare il tempo di divertirsi “come facevamo una volta”. Ma è altrettanto difficile non notare come in altri casi questo diventi una dipendenza.

Psicologica, emotiva innanzitutto, come se questa fosse l’unica cosa che so fare, che posso fare nella vita. Come se, per tornare all’inizio, sia impossibile accettare che non posso più essere extreme, che ci sono altri che il pubblico ama di più, che Drew McIntyre è quello che deve chiudere i match, e io servo solo per l’hot tag. Può essere discutibile, ma è il wrestling, lo è sempre stato, così come lo è la Formula 1 con il quarantenne Schumacher a rincorrere i giovani, il calcio, con Buffon a fare panchina, Valentino Rossi e via discorrendo.

E anche per questo mese è tutto, arrivederci al 2022 con il Gorilla Position!

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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