Gorilla Position #14 – Cody e il lupo di Cappuccetto Rosso

Full Gear è stato un ottimo Pay per view. Forse il migliore di sempre in casa All Elite, forse il migliore dell’anno 2021. Come spesso capita, peraltro, alla federazione di Tony Khan. La capacità di creare un evento con dell’ottimo lottato dall’inizio alla fine della card, con delle storyline efficaci per quanto semplici, con personaggi interessanti e, quindi, con del pubblico molto attivo. La perenne sensazione, un po’ come accade in Giappone e in NJPW, che stai assistendo a qualcosa di speciale.


E Full Gear, speciale, lo è stato davvero. E non per motivi terzi come i debutti, per fare un paragone con All Out. Qui la AEW si è messa il vestito da sera, i tacchi alti e ha poi sfoderato dal portagioie tutti i gingilli da far scintillare sul proprio corpo. Portagioie fa un po’ nonnina di Cappuccetto Rosso, ma prendiamocela così e via. Come succede spesso anche nelle fiabe, c’è sempre un antagonista, c’è sempre un elemento negativo. Altrimenti è tutto rose e fiori e sai che noia se la suddetta petulante bambina, probabilmente con voce cacofonica, dice “Maaaaamma, vado a portare il cestino alla nonna”. Esce. Cammina. Porta il cestino. Mangia. E titoli di coda.

Cioè, ah. Niente che bocca grande che hai, niente cacciatore, niente redemption. Niente heel, niente face, niente identificazione, niente emotività. Nessun afflato appassionato di sollievo quando poi, finalmente, il lupo viene sconfitto. “Oh my Gawd, with steel scissors, someone call the police!”, direbbe Jim Ross. Ecco, i fratelli Grimm come booker non sarebbero stati affatto male. Con del sadismo Attitude Era davvero gustoso. Ebbene, tornando a noi, il lupo di questa storia ha un nome e un cognome: Cody Rhodes.

L’unica utilità del suddetto Cody ormai sembra davvero quella di far sì che anche i critici abbiano qualcosa da dire. A ragion veduta, peraltro. Perché la sua parabola discendente non accenna a fermarsi e soprattutto non accenna ad essere nemmeno minimamente compresa dal soggetto interessato. Facts, diciamo. Cody Rhodes, long time ago, nasce come promotore dell’avvento della All Elite. Come uomo di punta, come primo vero volto della federazione. E il pubblico lo ama. Lo esalta, lo idolatra quando abbatte un trono, quando con ogni promo sa toccare le corde dell’animo. Quando sanguina copiosamente, quando si lancia in moonsault dalla cima di una gabbia.

Il pubblico era con lui. E poi? L’origine di tutti i mali, a parere di chi vi scrive, risiede nella scelta inopinata di impedire a Cody di competere per il titolo massimo. In generale, quando si abusa di una stipulazione per creare interesse, si è sempre in errore. La stipulazione deve aiutare un match, deve contribuire a creare tensione. Ma dove la storia c’è già, a che serve ripassarla duecento volte in matita prima, in penna poi, in evidenziatore infine? Si rende il tutto difficilmente leggibile.

Infatti, da quel momento in poi, abbiamo visto Cody retrocedere inesorabilmente nella card, risultando sempre e perennemente fuori luogo. Perché non ha evoluto il suo personaggio di conseguenza, è rimasto quello di prima. Passando al titolo TNT, perdendo e rivincendo con il compianto Brodie Lee. Interrompendo l’ascesa di Orange Cassidy. Lasciandolo poi a Darby Allin per poi affiancarglisi in un feud con il team Taz. E anche qui, sconfitta prima, vittoria poi. Per poi scomparire per qualche mese, tornare ancora più indietro nella card. Creare la Nightmare Family, feudare con la Factory e battere QT Marshall, Anthony Ogogo, Aaron Solow.

Come dire che Triple H cerca di fare un feud credibile con Funaki. Perché non è che Cody abbia detto ok, faccio un passo indietro, creo una storyline basata sul fatto che ho perso tutto e mi ricostruisco. No. Cody è rimasto il pomposo protagonista che pensa di trasformare in oro tutto ciò che tocca. Quello che presume, erroneamente, che basti essere messo su un ring insieme a lui per essere nobilitato. Il tono dei suoi promo non è cambiato, la mimica facciale nemmeno, parimenti l’interazione con il pubblico.

Cercata, caricata, aizzata, infiammata. Ma è Cody Rhodes vs Aaron Solow. Con tutto il rispetto. Un match che se dura più di 5 minuti è già troppo. Overselling dal punto di vista narrativo pazzesco e ovviamente il pubblico rigetta. A maggior ragione se poi l’outcome di tutti questi feud è che Cody, eroe senza macchia e senza paura, alla fine vince sempre. Cancellando il momentum anche di gente come Malakai Black, gestito quasi alla perfezione fino, appunto, al malaugurato incontro con il lupo. Un lupo perennemente affamato di notorietà, oltre che di nonne.

A Full Gear, il match di coppia Cody e PAC vs Black e Andrade è stato buono. Come lottato è stato assolutamente validissimo, parliamo dopotutto di quattro che sul ring la spiegano e la rispiegano. Cos’è andato storto? Semplice, che come al solito la narrativa dell’incontro è girata tutta intorno a Cody Rhodes. Lui che si irrigidisce se PAC gli ruba il tag, lui che scompare per un medical check up misterioso quando PAC cerca il tag, lui che si prende la scena per il comeback dei face. E poi esce dal quadrato, parla con il pubblico, che sonoramente fischia e lui si guarda intorno.

In ring e fuori ring è stata tutta una saga di questo eroe che allo specchio sembra il più bello del reame, ma che non ha damigelle da salvare. O, meglio, che vogliano essere da lui salvate. Sarebbe una storyline perfetta, se lui stesso si rendesse conto di voler esplorare il suo rapporto con lo spettatore. Un classico turn heel chiaramente risolverebbe marginalmente la situazione, ma secondo me ancora più interessante sarebbe farlo rimanere face e giocare sui suoi conflitti interiori. Mancato apprezzamento, crisi di autostima, magari una striscia di sconfitte, diciamo un Baron Corbin dei poveri. No dico, dei poveri. Poveri, insomma, capito? Ah-ah.

La caduta degli Dei è storicamente un tema caro al popolo, che in fondo gode nel vedere i più abbienti andare in rovina. E al tempo stesso, il ricco che finisce ai lati della strada deve fare esperienza con una realtà che non è la sua. Che non ha mai nemmeno immaginato di poter vivere. Ecco perché spero ardentemente che sia proprio Malakai Black a cacciare Cody nell’abisso. Dev’esserci un capitolo conclusivo in questa recita al contrario, che costringa il buono che ha perduto la sua luce a comprendere l’oscurità che lo avvolge.

I fischi del pubblico ti fanno star male? Non li comprendi? Dillo. Sali sul ring, senza sovrastrutture né altro, prendi il microfono e dillo. Parla con il pubblico, chiedi che cos’hai fatto di male. Vinci, guardati intorno per i fischi, chiedi ancora, urla, Why. Why do you hate me! Perché mi odiate. Perché non mi capite. Io mi sono lanciato da una gabbia per voi e voi ora mi fischiate. Io sanguino per voi. Miliardi di piastrine perse per sempre. E a voi non va bene nemmeno questo!

Portare all’eccesso l’ego di Cody e farlo deflagrare in faccia a tutti. E da lì iniziare a ricostruirlo, umanizzandolo, facendolo perdere, facendolo, che ne so, chiedere aiuto. A qualcuno che possa far sì che riconosca i suoi errori, lui che odiava la WWE alla fine è diventato come loro. Un John Cena, un Roman Reigns, un’imposizione al pubblico, un prodotto che deve piacere per forza, perché lo dico io. CM Punk, per esempio? Che porti Cody a chiedere scusa ai fan. Ad ammettere i suoi errori, per una vera redenzione che possa smacchiare dal suo abito ciò che i suoi occhi ora non vedono.

Una narrativa difficilissima da portare avanti, ma secondo me ben più interessante e stimolante rispetto a un banale turn heel, per quanto anche in questa seconda chiave di strade ce ne sarebbero molteplici.

Nell’attesa (non spasmodica, a dire il vero) di scoprire che cosa ci riserverà il futuro di Cody, anche per questo mese è tutto. Buon wrestling da Andrea “The Philosopher of Violence” Samele!

Andrea Samele
Andrea Samele
Laureato in filosofia, amante della creatività, della scrittura e del suono musicale di una chop. Appassionato di wrestling di lunga data per la capacità di creare personaggi e storyline in grado di coinvolgere gli spettatori. Per Tuttowrestling.com curo l'AEW Planet.
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