INZAGHI È SPECIALE MA CHE PUÒ FARE CON QUESTO MILAN AL TRAMONTO?
Le condizioni di una resa sono sempre svantaggiose,
per chi si arrende. Si cede qualcosa,
si limitano i danni, si contano i feriti. La resa
è il momento in cui tutte le forze sono finite,
utilizzate per combattere, poi per sopravvivere,
infine per non morire. Quello che sta succedendo
al Milan è una resa epocale.
Incondizionata, assurda, incomprensibile per certi versi
se non si finisse sempre a parlare dei bilanci e
della cattiva amministrazione societaria degli
ultimi anni.
Quello che sorprende è come poter credere
ancora a chi ha sempre amministrato col sorriso
televisivo anno dopo anno e poi, di punto in
bianco, con lo stesso sorriso ha smesso di occuparsi
della squadra.
Perché, purtroppo, il Milan è diventato una barzelletta.
Il club più titolatoal mondo, lo stile che ha sempre vantato, le
strutture all’avanguardia. Una resa. La resa del
blasone, resa dei calciatori che portavano nel
cuore la squadra rossonera anche dopo la loro
partenza. I motivi economici sono noti a tutti.
Ma la verità è che se ne sono aggiunti di emotivi,
che hanno definitivamente (e si spera, temporaneamente)
affossato il Milan.
L’arroganza delle scelte tecniche è stata, a tratti, imbarazzante.
Essien non è Van Bommel. Rami non è
Nesta. Agazzi non è... (qui fare il nome di un
portiere passato per i pali rossoneri nell’ultimo
decennio è complicato; Dida senzai momenti
di confusione a
parte).
E il problema è che li hanno spacciati per tali.
Aver tanto sforacchiato
Allegri nel triennio del decadimento non è
stata una gran mossa. Aver dato la panchina a
Seedorf perché, in campo, era stato un padreterno:
nemmeno. Inzaghi, ora. Ma Inzaghi come?
Inzaghi è un uomo fuori dal comune e sarà
anche un mister fuori dal comune. Ma ha una
rosa da spedire con Paolo Brosio a Medjugorje
per cavarci fuori qualcosa.
In una squadra dove l’unico in grado di passare un pallone è Montolivo,
dove l’unico difensore capace di impostare
la manovra gioca a Parigi da due anni, dove
l’unico modo per fare gol è sperare che Balotelli
tiri nell’incrocio da trenta metri. L’ossessione di
Superpippo potrà dare grinta, accorciare la
squadra, creare un’anima, ma chi sa giocare a
calcio nel Milan?
La paura è che sia il tramonto, l’ennesimo
mercato inesistente, l’assenza di progettualità.
Andare negli States a fare brutte figure nella
Guinness Cup è stata l’ultima scelta arrogante
della gestione societaria (lo so, i soldi, ma parliamoci
chiaro: quanto durerà?).
Ormai è un dato di fatto: il Milan, finché non adegua la rosa,
non potrà giocare neanche amichevoli con
squadre come Liverpool e City. Piuttosto, per la
prossima estate, pronta la Chinotto Cup con
Aversa Normanna e SudTirol. Almeno Rami e
company sembreranno ancora dei calciatori
veri.
@MarsullOffici