The Inquisitor ha scritto:
Ma, di fatto, come dici tu, mima un evento sportivo.
I fronzoli aggiuntivi poi sono proprio, per assurdo, il limite che a te fa dire che sia necessariamente un prodotto solo per ragazzi. Perchè i contenuti creativi si son limitati perlopiù a quello. Ma non hanno alcun limite in realtà.
Ora, tralasciando questo discorso che è un altro e più complesso, il wrestling scevro dalla spettacolarizzazione eccessiva, come lo poteva essere 40 anni fa, come si differenzia a livello narrativo/contenutistico da uno sport vero? E qui torno dunque alla mia domanda, uno sport, nella sua basilare narrazione (termine ovviamente usato impropriamente qui) è un prodotto con un target d'età specifico?
Uno sport non narra una storia, non ha bisogno di narrare una storia; mostra una competizione legittima tra le abilità di singoli, o di collettivi, con una conclusione che il più delle volte rispecchia, o almeno dovrebbe, l’atleta/squadra che ha prodotto risultati migliori.
Questo lo rende uno “spettacolo” che non ha alcuna connessione con età, estrazione sociale e background culturale.
Mancando nel wrestling la legittimità di uno sport, viene a cadere ogni logica che ammetta una assenza di narrazione.
Indipendemente dal mimare o meno uno sport, la semplice predeterminazione che vige in tale disciplina, rende il wrestling totalmente dipendente dalla presenza di una storia.
Con la caduta della keyfabe è andata a puttane ogni velleità di verosimiglianza ad una legittima competizione agonistica.
Voler attribuire al wrestling una qualunque caratteristica sportiva, ad eccezione delle doti atletiche dei performers, risulterebbe in nulla di più di un film di Rocky in cui viene narrato solo ed esclusivamente il match con Apollo.
Predeterminato, coreografato, girato bene, ma di cui non fregherebbe una mazza a nessuno perché “chi cazzo so’ ‘sti due?”.
É proprio nella tematica della storia narrata, ed in parte negli espedienti narrativi utilizzati, che va quindi a definirsi il target di riferimento.