Posso? Se non posso cancellate ma credo di poter contribuire con qualcosa di valido.
In quanto interessatissimo alla discussione, più che per dare un apporto per chiarirmi le idee a riguardo, riprendo in mano uno dei libri che mi ha cambiato la vita, "Immanenza e Trascendenza" di Gerard Genette. I due concetti che compongono il titolo del libro sono identificati dall'autore stesso come i due modi,
non esclusivi, ma complementari, propri di un'opera d'arte. L'immanenza ovviamente risiede nel "consistere" dell'opera in qualcosa: è l'oggetto, materiale o ideale. La trascendenza delinea invece le varie possibilità (compatibili tra loro) di quell'oggetto di valicare il confine della semplice consistenza per addentrarsi nell'ambito della
relazione estetica, l'estensione
funzionale (per richiamarmi a quello che diceva Butler) verso la quale l'opera d'arte si apre nel momento in cui smette di consistere solamente nella propria determinazione oggettuale. Badate bene, perchè è importante per il prosieguo del discorso, al concetto di relazione estetica: questa viene a compiersi quando un oggetto risulta piacevole a un fruitore, e in questo tipo di relazione non è assolutamente considerata l'intenzionalità di un eventuale autore. Quindi, come Duchamp si è posto in una relazione estetica con l'orinatoio prima di presentarlo come opera d'arte (rendendo così possibile attraverso l'intenzionalità un altro tipo di relazione, quella
artistica), noi ci emozioniamo davanti ad un tramonto in base ad una relazione estetica, e non artistica. E' una precisazione importante.
Il wrestling, nella propria immanenza, secondo lo schema di analisi sullo statuto ontologico degli artefatti a funzione estetica di Genette, che è decisamente (almeno secondo me) un fenomenologo, rientra nella stragrande maggioranza dei casi nel
regime autografico delle arti: l'opera o presunta tale è un atto, una performance, e quindi non necessita di una
riduzione ad una idealità che sia matrice della realtà dell'opera e che dunque non ne sia una riproduzione. Genette adotta l'espediente dei regimi per spiegare la parzialità delle opere d'arte a possibile immanenza plurale: LA Divina Commedia, nel suo stato immanente, sarà sempre e solo il manoscritto di Dante anche con le eventuali macchie di inchiostro o di sudore, tutto il resto nel regime di immanenza è
pluralità operale, e dobbiamo richiamarci alla riduzione di cui sopra per comprendere che è
il testo e non
il libro, l'opera d'arte. In questo esercizio speculativo sul wrestling dovremmo a questo punto chiederci se poco sopra non ho detto una cagata colossale, cioè se il prodotto che il wrestling offre in realtà non sia di tipo
allografico, cioè un'arte che ha un proprio consistere ideale e che tende a riprodurlo con la maggior capacità di avvicinarsi all'oggetto di consistenza stesso possibile: dunque...
IL MATCH PERFETTO?!
Che domande, non esiste. Nessuno di noi fantasticando su quello che potrebbe offrirgli il Pay Per View più bello della propria vita si immagina due uomini qualsiasi compiere le evoluzioni necessarie per soddisfare questo intimo desiderio, ma si immaginerà dei wrestler ben specifici (dream matches!), o si costruirà delle aspettative a seconda di quello che gli viene offerto (Once in a Lifetime!). Da questo quindi possiamo capire benissimo il perché quanto un wrestler è over incida sulla valutazione di un match, almeno quando questa valutazione viene da un fruitore esperto: il wrestling è un artefatto di tipo
autografico, anche semplicemente perché chi ne viene a contatto si rende conto che Shawn Michaels vs Ric Flair a WM lo possono fare soltanto Shawn Michaels e Ric Flair.
Andiamo avanti: questo fruitore esperto è colui che ha acquisito i mezzi necessari di comprensione ed analisi (
diagnosi, direbbe l'oggettivista David Hume) del prodotto wrestling e che lo interiorizza in una maniera diversa rispetto ad un osservatore superficiale...un gran argomento per l'equazione wrestling=arte! Ma un osservatore superficiale nel caso voglia destituire il wrestling dall'eventuale pretesa artistica può richiamarsi proprio al filosofo inglese citato: con la nozione di giustezza di percezione (la diagnosi stessa) Hume si avventura nella pretesa di donare qualità intrinseche ad un oggetto da ricercare da parte del soggetto nell'oggetto stesso. Benissimo: queste qualità ci sono, dice il non-fan di wrestling. Ma col cazzo che donano al tuo prodotto, che tanto ami, il VALORE di opera d'arte...del resto saper distinguere i sapori non è saper riconoscere il VALORE culinario che questi sapori hanno: della serie che la pastasciutta col soffritto di cipolla marcio, cazzo, arte non può essere.
Dov'è, quindi, il
valore artistico del wrestling? E' forse nel soggetto? Immanuel Kant ribalta la tesi humiana e sostiene che il valore all'opera d'arte lo conferisce solo ed esclusivamente il fruitore stesso, in quanto il giudizio estetico non è logico, bensì disinteressato, e che quindi pretende legittimamente di avere carattere assoluto. Ma una ricerca del valore artistico di un artefatto non si può certamente basare sull'esigenza di un giudizio estetico di avere valore universale, in quanto quest'esigenza è un
ambire del giudizio soggettivo all'universalità, e certamente non un inopinabile valore artistico. Questa il caro Genette la chiama
"illusione estetica", ed è il processo mediante il quale il soggetto trasferisce nell'oggetto il
valore del proprio giudizio di gusto/piacere estetico: valore legittimo, valore fondato, ma tutt'altro che universale, né (tantomeno)
oggettivo.
Ritorniamo all'inizio:
in che cosa consiste un'opera d'arte? Dopo aver confutato gli illustri colleghi Genette risponde: "in un artefatto a funzione estetica". Direte voi...tutto sta roba per dirmi che poi alla fine il wrestling è effettivamente arte? Non è così semplice. L'opera d'arte seguendo questo filone fenomenologico è la sintesi di esteticità (proprietà dell'oggetto) e di intenzionalità (proprietà del soggetto riversata sull'oggetto) di un qualsiasi ente ideale o reale. Le due nozioni spiegano meglio la definizione di Genette nella misura in cui si prenda l'esteticità (il sensibile, l'artefatto) come il soggetto e la funzione estetica come il predicato in un rapporto di intersezione senza reale primato logico dell'una sull'altra. Il problema si pone nel momento in cui il fruitore si serve dell'intenzionalità come istituzionalizzante, dando quindi all'opera d'arte tale
valore in quanto già precedentemente assunto dal fatto che l'opera stessa è stata presentata come opera d'arte.
Problematico? Sì, moltissimo, e non intendo andare oltre perché non ha senso, sarebbe approfondire inutilmente. Serve solo una conclusione (che ovviamente è soggettiva ed opinabile):
un match di wrestling è un'opera d'arte solo se molliamo la pretesa che il match di wrestling sia opera d'arte in assoluto: non c'è male più grande che gli possiamo fare. La nostra relazione con il wrestling non è estetica, ma
artistica: il riconoscere l'intenzionalità dell'autore nel tentare di suscitare delle emozioni come quelle che ho letto nel post di Butler su HBK-Flair di WM (post sublime, che non riuscirò mai ad eguagliare anche solo nella mia capacità cognitiva, figuriamoci nell'esplicazione) rende arte il wrestling, ma solo per colui che prova le suddette emozioni
con la consapevolezza che ci sia qualcuno che abbia pensato a questo match (un writer, Vince, gli interpreti stessi)
proprio per fargli provare queste emozioni. Senza questi elementi si interrompe la relazione artistica: rimane quella estetica, infatti la troia della mia ragazza ammette che i wrestlers son bravi e può tranquillamente godersi un match, ma non sarà mai capace di piangere come quel coglione del cornuto del suo ragazzo per la sconfitta di Cena su The Rock: per lei lo 1-2-3 di WM XXVIII non va oltre le 70000 persone che lo urlano a gran voce e Cena con la schiena a terra per tre secondi non è l'uomo che con il fratello col cancro e durante il divorzio è l'eroe dei bambini del Be a Star, in giro 300 giorni all'anno, che dipinge in quel momento sé stesso come un'icona del wrestling inferiore a quella che ha di fronte. Cena è solo un bel ragazzone che sta facendo molto bene il suo dovere; c'è di più? Sì, ma lo sappiamo noi. IL VALORE ARTISTICO CONSISTE NELLA RELAZIONE, E QUELLA RELAZIONE E' NOSTRA. All'esterno di "noi" va conservato gelosamente, perché la pretesa dell'artisticità del wrestling è per "noi" legittima e la relazione artistica è reale e conferisce
valore artistico all'oggetto in quanto valica i limiti del semplice giudizio di gusto (la famosa relazione estetica) introducendo anche la consapevolezza dell'intenzione come motore immobile del "nostro" piacere: è quindi arte, ma contestualmente, e non universalmente, e non dobbiamo nemmeno provarci a dargli il valore universale di arte...anche perché in tal caso non ci
possiamo lamentare se chi è capace di capire Picasso (non io) ci dice che Michaels e Flair sono due pagliacci in mutande che fanno finta di picchiarsi (come direbbe la mia ragazza, che però Picasso riesce a capirlo).
Il wrestling è arte per chi come arte lo può vivere.